Il mito delle rivoluzioni nelle società post-industriali ha sempre esercitato un grande fascino sui posteri. Movimenti che nascono dal basso portatori di innovazioni ideologiche, politico-sociali ed economiche che rinnovassero i vecchi sistemi con le sue strutture conservatrici. Ma chi partecipa a questi passaggi epocali ha l’effettiva capacità di comprendere le conseguenze delle azioni che si stanno mettendo in atto.
Il nostro amato paese è molto più incline alle rivoluzioni di quanto la storia recente insegni. Non immaginatevi piazze stracolme, scontri tra manifestanti e polizia, mazze, pietre, collettivi studenteschi che occupano le scuole secondo gli schemi più classici, no niente di tutto questo. Dalle nostre parti basta per fare una rivoluzione una giocosa macchina da guerra o più semplicemente un vaffanculo, aggiungete a questo una vittima sacrificale ed è fatta.
False rivoluzioni vecchie e nuove sono state decantate come momenti di massima espressione della volontà di cambiamento di un popolo, gli effetti di queste però stentano a vedersi e l’impressione dilagante è quella che un immobilismo fattuale stia logorando quei pochi soggetti che ancora oggi sperano in un futuro migliore.
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