Mia madre diceva, in certi casi: “non si sa mai”. Casi non segno di una sua filosofia antignostica, ma quotidiani, connessi a prudenti previsioni meteorologiche, ai preventivi di ziti per il ragù domenicale, a quale Avemaria in più nel Rosario: filosofia spicciola di rassegnata prudenza e di stagionata saggezza, intrisa di paura dell’invidia degli dei e della malizia del caso. Ciò spiegava gli allestimenti di bagagli per la villeggiatura estiva già a maggio e la maglia di lana inflitta ai figli fino a Pasqua. “Non si sa mai” ammoniva mio padre sull’asciutta economia di famiglia imponendo grintosi risparmi. “Non si sa mai” sentenziava oberando la cartella del vocabolario per il tema in classe. Ma, soprattutto, diceva “non si sa mai” se si trattava di orari, partenze e puntualità in genere. Il “non si sa mai” più insistente arrivava quando pretendeva che uscissimo con un’ora di anticipo per andare a scuola. Io riuscivo a far tardi, ma “non si sa mai” mi tornò in mnente come una condanna di minimo contrappasso quando, al liceo, implacabili bidelli mi lasciarono al beato ozio della prima ora mancata. Ora in cui il professore di filosofia avrebbe spiegato quei presuntuosi degli gnostici che erano convinti di sapere la verità.
Michele Mirabella Il Venerdì del 29/01/2010
“non si sa mai” tutto è possibile!