Il fascino della Domenica è stato in passato oggetto di riflessione sulle pagine del nostro blog, oggi torno a scriverne prendendo spunto e riportando una parte dell’articolo di Gianni Mura per il Venerdì del 18 Settembre n. 1122.
“In quegli anni poveri ma belli, come il titolo d’un film, domenica è sempre domenica, come il titolo d’una canzone. Prima di evocarli serve qualche precisazione. Non esisteva il weekend, ma il fine settimana. Non c’erano i telefonini. La tv, che cambierà il modo di vivere in famiglia e non solo quello, è ai primi passi. Menù fisso dal gennaio 54’ su un solo canale: lunedì film, martedì attualità, mercoledì sport, giovedì quiz, venerdì teatro di prosa, sabato varietà, domenica sceneggiato.
Non solo la città si sveglia con le campane, ma anche i paesi. La domenica vuol dire la Santa Messa (ancora in latino) e vestito della festa, scarpe lucide, giacca e cravatta. Chi non va in chiesa (i compagni duri e puri) distribuisce l’Unità o la legge commentando, al bar della Casa del Popolo. Nelle case le donne si svegliano prima e vanno prima in chiesa, perché popi devono preparare da mangiare”
E ancora “Quelli che stanno in casa sanno che la domenica è il giorno della carne, che in settimana si vede poco. Tagliatelle o agnolotti e poi pollo al forno con patate, o arrosto di vitello, o polpettone. E le paste. Le paste si comprano uscendo da Messa…..Se si stava in casa, c’era un momento quasi magico, specie nelle grandi case popolari, dopo le 17. Era finito il brusio delle radio che parlavano delle partite e nelle stanze con le persiane semichiuse si godeva un silenzio meraviglioso, con in più pulviscoli di una luce quasi metafisica, per cui sembrava di essere altrove….Per chi stava a casa (non recandosi a fare una passeggiata nè a vedere un film al cinematografo) dopo la santa pennichella del capofamiglia, e guai a fare un rumore, poteva esserci un gioco in famiglia: tombola, mercante in fiera, rubamazzo e scala 40. Ma era più bello andare fuori, dalle città si usciva per scoprire la campagna, dalla campagna si andava in città per capire se davvero lì si viveva meglio. C’erano gite in corriera (tutti a cantare in coro e poi qualcuno stava male per le curve) in treno (anche in terza classe fumatori), in auto. Quasi sempre si finiva in ristorantoni da domenica, appunto, dove ti sommergevano di antipasti….l’alternativa era il picnic con le cose portate da casa. E dal Lunedì tutti a lavorare o a studiare, perché lavoro ce n’era. E il boom economico è arrivato così, tanto per dire”.
Questo pezzo mi sembra che rispecchi molto quella che era la Domenica come ci viene raccontata a ridosso degli anni 50 e 60 (anche se l’autore descrive una Domenica tipicamente romana), ma Domenica è sempre Domenica ovunque si stia, giorno del riposo, della festa e, per chi è credente, giorno del Signore.
Certo da noi…tagliatelle e agnolotti non direi piuttosto “pasta ca sarsa e carne arrustuta” 😀
E il catechismo si chiamava dottrina…
Complimenti a Giuseppe per aver riportato questo articolo.
Un vogghio essire u sulito guastafeste, ma vorrei ricordare cà pi nostri nonni e genitori, a’ ruminica ri l’anni ’50 era pititto e travagghiu comu l’avutre iorna, era puro u iornu ru signuri, ma pi chidde ca priavanu u signure e sfruttavano i viddani che non erano riusciti a saziara la loro fame di terra. Idde a ruminica a carne arrustuta sa manciavano pi pasqua, pi natale e pi santu ghiustu. Sti cose l’ama ricurdare picchi sinno un semo anciliniani chi pampine.
caro scuncumiriddato l’articolo ha un arco temporale vago e comprende l’evoluzione intorno a due decenni…quindi non prenderlo con pignoleria 😀