E’ gia da anni che gli dice che deve allontanarsi dalla chiesa cattolica. Egli ha tentato di spiegare la sua fede nell’eucaristia, ma niente: quello insiste sempre su quel punto dolente. E come dargli torto se proprio lui i bastoni li ha portati e continuerebbe a farlo? Addirittura a due squadre diverse. Forse è stato l’unico nella storia in questo senso.
E mentre gli fa la saponata:
“Tu mi devi spiegare che c’entra a Maronna cu tutti sti baggianate!”. “Tu mi devi spiegare poi picchì poi inveci ri priare parrate ri politica!”
Ha tentato più volte a spiegargli che non tutti sono così, che ci sono quelli buoni, quelli che pregano e vanno lì con spirito sincero e religioso. Niente, quello insiste. Ma non vi riesce. E’ troppo attaccato alla sua tradizione, alla sua storia, alla sua identità: come rinunciare alla propria identità?
“Vedi che non è identita , è vanità!”
“Si, certo, un pò di vanità c’è, ma non è quella che ci smuove! C’è una devozione, ecco, una devozione.”
“Si! a devozione o curdune! Ma finiscila ca iu stissu era varante, a devozione r’un paari a fossa, a cù c’ a cunte? E chiddi cu u curdune: a devozioni ri paalla!”
“Tu mi dici chi paisi è senza una pricissione?”
“Un paisi megghiu!”. “Ma poi macari a pricissione, vuatri facite parate in pompa magna! Chistu avite armeno a livari!”
“Se! E macari livamu puru i tammurinara!”
“I tammurinara! Ma chi è? Finiu ca priavavu, chi minchia c’entra fari burdellu mentri si prea!”
“Ma è ‘na festa, è bello!”
“Ma stae cugghiunianno?”
“No! Ricu veru. E’ una festa!”
“Vabbè, i voe lassate longhe o curte sti basette?”
“Lassamille longhe! Ca cu u curdune fa tuttu n’autru effettu!”
Mai a nessuna sentenza sono arrivate quelle discussioni: uno mosso dall’entusiasmo alla conversione, l’altro… mosso dall’entusiasmo alla testimonianza, si scontrano e si incontrano così, tra sacro e profano, in un salone da barba che da queste parti è sempre stato teatro di farsa.
Più che di religiosità e semi folclore nei”saluni” si parlava o si parla di politica di calcio… Quelle eterne farse che ben ci raccontava G. Guareschiche rappresentavano il micromondo dei paesi di questa nostra Terra… gli uomini che tornando stanchi dal duro lavoro nei campi trovavano ristoro nelle quattro chiacchere con gli amici al “salune” ove si sviluppava il meno conosciuto,ma non per questo meno informato, “curtigghio” maschile!!!!!!!!!!!!!!!!! Quando ,la barba la si faceva al salune e i capelli nell’approssimarsi delle feste… “Talè quanto mi va tagghio i capidde cà è San Ciuseppe”, “ncà io ci vaglio rumane matina cà ruminica è u Crucifisso…”
A proposito io m’agghire a tagghiare i capiddi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 🙂
Caro Ancilino, prima di tutto “ben tornato”, sacro e profano da secoli camminano l’uno accanto all’altro (anche per volontà della chiesa), forse vedere tammurinara, banda, ioco ri foco etc. non è il massimo della cristianità ma quant’è bello sentire “e chi è bella sta acchianata, viva Maria MMaculata”! Scherzi a parte mi chiedo la chiesa è cosciente di tutto questo, cosa fà per sensibilizzare le genti…?
Il vero problema è che certe volte mi pare di tornare indietro! Le critiche costruttive vanno sempre accolte e negli anni passati la chiesa ha cercato di prendere ciò che di buono c’è nelle altre confessioni religiose, con la promozione di gruppi laici, una maggiore partecipazione alla liturgia (dal guardare a concelebrare la messa)e tutto quanto possa servire a far rivivere in modo più profondo ciò che negli anni, con la secolarizzazione, si è ridotto a pura esteriorità religiosa. Il fatto è che, oggi più di ieri, se palesi questo pensiero in determinati ambiti, passi per un filoprotestante avverso alla tradizione. Vorrei invece essere chiaro nel ribadire che la tradizione e il folklore ci possono e devono stare, ma a cornice di un qualcosa di più profondo e spirituale che metta Cristo al centro. Se ripartiamo da questo ben vengano processioni, iocu ri foco e tammurinara, che non restano solo vanità ma espressione della gioia e della festa del cuore.
Come chiesa domandiamoci (come ha fatto calorio)cosa stiamo facendo per dare “spessore” spirituale alle tradizioni, altrimenti non ci stupiamo se chi “vede” dal di fuori (come ‘u varbere)non capisce…
Il vero problema cari amici “anciliniani” è che molto spesso pur di essere al passo con i tempi, pur di essere, per usare un termine a noi familiare, “trendy” si cerca di spazzare via le tradizioni, la cultura artistica per impiantare o connubiare delle cose che conciliabili non sono… allora Messe, Adorazioni e quant’altro diventano semplicemente Talenshw in cui l’apparire è meglio che del lasciare il segno… Allora mi chiedo: non sono forse due volti di una stessa medaglia????? Non è forse anche quello è più delle manifestazioni, esteriori e tradizionali, di mortaretti e quant’altro, un espressione folkloristica di una finta spiritualità???????? La Chiesa stessa si fonda sulla Tradizione lasciataci dagli Apostoli. Le manifestazioni di folklore popolare sono sempre state accompagnate da intensi momenti di Spiritualità che colmavano poi in una grande esplosione esteriore… E’ sicuramente bello udire, ancora, le vecchie giaculatorie ma è ancor più bello vedere l’intensità con cui la si grida (qualcuno direbbe a “raggia ri core”)… Io facendo parte di una Confraternita Misilmerese mi sono accorto, quanto a volte ciò che per noi è solo folkloristica tradizione per molta gente è un giorno d’intensa commozione e preghiera… gente che piangendo in silenzio guardando quella raffigurazione, si sente più vicina alla schiera dei Santi. Per questo chiede a squarcia gola ciò che il suo cuore desidera… Si! A volte chi gestisce queste feste lo fa solo per poter prendere in mano un bastone con una palla… Ma ricordate:C’è sempre chi lavora solo perchè crede, in ciò che fa, e quel giorno mette l’abito con la cravatta nuova non per farsi vedere ma perchè per lui è FESTA!!!!!!!!!!!! Bisogna far capire questo ad una parte proficua di Clero!!!!!!
Pasquino hai ragione. Pienamente ragione.
Ribadisco (evidentemente non sono stato chiaro) che ogni esteriorità e tradizione ha ragione di esistere se fondata su una solida base spirituale.
Se c’è questa, avranno senso i vuci a “raggia di cori”, così come le altre manifestazioni di gioia, commozione, di FESTA, frutto dei nostri tempi…
Mi pare concordiamo sul fatto che mettere l’abito e la cravatta nuova possa voler esprimere una sincera espressione della FESTA interiore: perché quindi appaiono inconciliabili altri modi di esprimere tale gioia? Non credo sia “inseguire” o “stare al passo dei tempi”: i sentimenti che vi stanno dietro non sono diversi. Non è la fede o i sentimenti della gente che cambiano, ma il modo di esprimerli e di comunicarli. E che piaccia o no, nessuno può negare che queste sono e “sono sempre state”, in continua evoluzione.
Ma sei proprio sicuro che siano in evoluzione? Almeno da questi tempi in poi? Non c’è la paura che terminino del tutto proprio perchè magari non più sostenute, come dici tu, dalla base spirituale?
Una bella lettura, che forse mi riporta al verismo di verga cn un linguaggio quanto mai dialettale… ma che ci riporta a raffermare l’importanza del popolo e delle loro “diatribe”.. lettura che comunque nn lascia un segno dentro di me se nn il piacere di leggerlo. Forse dovuto al fatto di un mio disinteresse all’argomento a prescindere, dovuto alla mia età giovane o forse appunto ad altri interessi !!
tu si veru locco carun leggero, fattillu rire ri mia ca sugnu to cucino.
a quanno a quanno mi n’arrinesce uno !!!!