Tutti hanno diritto ad esprimere un giudizio di carattere estetico secondo il proprio gusto, ma tutti i giudizi possono essere considerati “validi”?
Una volta bevendo un bicchiere di vino espressi i più sentiti complimenti a chi l’aveva fatto; giudicai quel vino secondo il mio gusto. Ma quant’era valida la mia opinione rispetto a quella di un esperto? Qualcuno, in seguito, raccontando l’aneddoto, mi ha risposto che era parimenti valida, ma rimase sorpreso quando poi gli dissi che avevo scambiato per vino ciò che effettivamente era un “fine aceto”. Trassi la conclusione, e il mio amico convenne con me, che può pure piacermi l’aceto, ma senza la pretesa che il mio gusto fosse condiviso a tal punto da trasformarlo in vino.
In architettura accade,più o meno, la stessa cosa.
La differenza tra il vino e l’architettura consiste nella diversità dei sensi che entrano in gioco: il gusto per il vino, per l’architettura la vista. Questa diversità comporta una diversa nocività dei prodotti, ora dell’una, ora dell’altra. Infatti, tanto per fare un esempio, se ogni famiglia misilmerese produce il proprio vino, io posso essere, per così dire, salvo dal “fine aceto” non bevendolo, ma per quel che concerne la casa, così bella con le persiane in alluminio laccato bianco, col portone dagli specchi rifrangenti, dalle balconate lunghe quindici metri, dalla indispensabile finestrella del bagno sul prospetto principale, dall’intima veranda-cucina costruita sul balcone, dalle tinteggiature rosa e grigio, per non vederla dovrei bendarmi: e come minchia cammino?
Bere un bicchiere di aceto fa meno male di vedere tutti i giorni un simile squallore perchè l’uomo é “costruito” dall’ambiente in cui vive e se l’ambiente é così squallido cresceranno generazioni altrettanto squallide.
E’ pure vero, però, che proprio l’uomo é responsabile di questo degrado: ma gliene fate una colpa? Mi condannereste voi se io, guidato dal mio gusto, avessi cominciato a produrmi quello che avrei considerato vino e che, per chi ne sa, altro non sarebbe stato che aceto? Non si possono riversare tutte le colpe sul cittadino: ha già altri pensieri e guai; qualcun altro (e non é una persona fisica) ha responsabilità maggiori, a questo qualcun altro dobbiamo l’immagine di un paese così brutto, così simile a Scampia.
Nello stato attuale delle cose credo proprio che l’architettura e il suo destino, e magari anche il vino, risiedano nelle mani e nel gusto di pochi: (ora comincia la paternale!) nel gusto di chi sa essere umile e ascoltare chi ne sa di più; nel gusto di chi sa che ognuno fa e sa fare il proprio mestiere; nel gusto di chi ha capito che l’architettura non é un capriccio come un televisore cinquantadue pollici o la tazza del bagno firmata Versace; nel gusto di chi si stacca dalla massa, non per arroganza o per prevalere, ma perchè vuole crescere; nel gusto di chi ha il coraggio di offrirti un buon bicchiere di vero vino magari in un bel bar di buona architettura.
Ci vorrebbe buon gusto ancilino per conoscere quella bionda?